Pierluigi
Licciardello & Gian Paolo G. Scharf
articolo apparso su
Archivio Storico Italiano,
Anno CLXV (2007), N. 611 -
Disp. I (gennaio-marzo)
* Per quanto il lavoro sia frutto di una riflessione comune i paragrafi 1-2 e la trascrizione dei documenti si devono a Pierluigi Licciardello, mentre i paragrafi 3-5 sono opera di Gian Paolo G. Scharf.
[1] G. B. MITTARELLI – A. COSTADONI, Annales
Camaldulenses Ordinis
Sancti Benedicti, V, Venetiis, Monasterii Sancti Michaelis de Muriano,
1760, pp. 108-109.
[2] Vedi T. BACCI, Introduzione a Lo statuto del Comune di Moggiona:
1382-1982, Moggiona-Poppi (Stia, Cianferoni), 1983, p. 6; G. CHERUBINI,
Il Casentino ai tempi della Battaglia di Campaldino, in IDEM, Fra
Tevere, Arno e Appennino. Valli, comunità, signori, Firenze,
Tosca, 1992, p. 33; C. CABY, De l’érémitisme rural au
monachisme urbain. Les Camaldules en Italie à la fin du Moyen
Age, Rome, Ecole Française de Rome, 1999 (Bibliothèque
des Ecoles Françaises d’Athènes et de Rome, 350), p. 486.
[3] Vedi P. F. KEHR, Regesta Pontificum Romanorum. Italia Pontificia,
III. Etruria, Berolini, Weidmann, 1908, pp. 171-175; G. PAPPAIANNI,
L’ordine di Camaldoli e il suo archivio conservato nell’Archivio di
Stato di Firenze, «Gli Archivi Italiani», VIII.3, 1921, pp.
3-20; Regesto di Camaldoli, a cura di L. SCHIAPARELLI – F. BALDASSERONI
– E. LASINIO, IV, Roma, Istituto Storico Italiano, 1928 (Regesta
Chartarum Italiae, 14), Introduzione; O. FANFANI, Le pergamene di
Camaldoli, «Atti e Memorie dell’Accademia Petrarca di Lettere
Arti e Scienze», n.s. XX-XXI, 1936, pp. 141-142; M. E. MAGHERI
CATALUCCIO – A. U. FOSSA, Biblioteca e cultura a Camaldoli dal medioevo
all’umanesimo, Roma, Editrice Anselmiana, 1979 (Studia Anselmiana, 75),
passim; CABY, De l’érémitisme cit., pp. 33-36; P.
LICCIARDELLO, Legislazione camaldolese medievale (XI-XV secolo). Un
repertorio, di prossima pubblicazione in «Benedictina».
[4] Spoglio 52 (inv. V/119): anni 780-1199; spoglio 53 (inv. V/120):
anni 1199-1300; spoglio 54 (inv. V/54): anni 1301-1680.
[5] Sul Baroncini vedi P. NICCOLAI, Vita del servo di Dio d. Odoardo
Baroncini, Firenze, Moucke, 1771; Annales Camaldulenses cit., IX, 1773,
pp. 145-147; MAGHERI CATALUCCIO – FOSSA, Biblioteca e cultura cit., pp.
474-6; CABY, De l’érémitisme cit., pp. 16-17.
[6] Secondo volume dei Summaria (n. 295), pp. 1157-1172.
[7] Erroneamente 1169.
[8] Misure max. cm 46 x 32, rifilato. Nei fogli in questione (185-186)
il margine destro è piegato per 5 cm (per cui la larghezza
originale era di almeno 37 cm).
[9] CABY, De l’érémitisme cit., p. 35; il primo registro
noto alla Caby è il secondo della serie, quello degli anni
1279-1283. A parte il primo, il resto dell’intera serie è
conservato all’Archivio di Stato di Firenze.
[10] Su Moggiona vedi brevemente i repertori: E. REPETTI, Dizionario
geografico, fisico, storico della Toscana, III, Firenze, Presso
l’autore e editore coi tipi di G. Mazzoni, 1839, pp. 242-243; C. BENI,
Guida del Casentino, nuova ed. aggiornata a cura di F. Domestici,
Firenze, Nardini, 1987, p. 315.
[11] Ed. U. PASQUI, Documenti per la storia della città di
Arezzo
nel medioevo, I, Firenze-Arezzo, Vieusseux-Bellotti, 1899, n. 30, p.
45. Vedi J.-P. DELUMEAU, Arezzo. Espace et sociétés,
715-1230. Recherches sur Arezzo et son Contado du VIIIe au début
du XIIIe siècle, I-II, Rome, Ecole Française de Rome,
1996 (Collection de l’École Française de Rome, 219), p.
490.
[12] Ugo e Lotario il 17 gennaio 936 (PASQUI cit. I, n. 61, p. 85);
Adalberto il 28 febbraio 961 (PASQUI cit., I, n. 69, p. 95); Ottone I
il 10 maggio 963 (PASQUI cit. I, n. 71, p. 98); Ottone III il 12 luglio
996 (PASQUI cit., I, n. 82, p. 116); Arrigo II nell’ottobre (?) 1027
(PASQUI cit., I, n. 110, p. 156); Corrado il Salico il 31 marzo 1027
(PASQUI cit., I, n. 126, p. 179); Arrigo V il 19 gennaio 1111 (PASQUI
cit., I, n. 301, p. 414).
[13] M. E. CORTESE, L’incastellamento nel territorio di Arezzo (secoli
X-XII), in Castelli. Storia e archeologia del potere nella Toscana
medievale, a cura di R. Francovich – M. Ginatempo, I-II, Firenze,
All’insegna del giglio, 2000, p. 71. Il documento del 1058 è un
privilegio di Goffredo marchese di Toscana indirizzato alla canonica
aretina il 9 giugno (PASQUI cit., I, n. 185, p. 264).
[14] 2 giugno 1098 (PASQUI cit., I, n. 286, pp. 391-392; Regesto di
Camaldoli cit. I, n. 608, p. 252): Guido conte figlio del fu Guido
rinuncia ad omne malum usum et omnem malam consuetudinem nella curte et
villa vel casale que vocatur Moiona. Vedi DELUMEAU, Arezzo cit., pp.
181-182, 306, 393, 414, 764.
[15] 23 maggio 1107 (PASQUI cit., I, n. 298, p. 410): il conte Guido
Guerra e sua moglie Imilla restituiscono al preposto della Canonica la
corte, la chiesa e il castello (castello ibi edificato vel edificando)
di Moggiona, promettendo di astenersi dal compiervi scorrerie e furti.
[16] Su Camaldoli nel medioevo la bibliografia è molto ampia
(vedi CABY, De l’érémitisme cit., pp. 805-846). Tra i
lavori più recenti, da ricordare almeno G. VEDOVATO, Camaldoli e
la sua congregazione dalle origini al 1184. Storia e documentazione,
Cesena, Centro Storico Benedettino, 1994 (Italia Benedettina, 13);
DELUMEAU, Arezzo cit., passim; CABY, De l’érémitisme cit.
[17] Regesto di Camaldoli cit. I, n. 384, p. 155: «De pane, vino
et ortis de illa terra que modo est laboratoria ad suam manum
donnicata».
[18] 24 settembre 1130 (PASQUI cit., I, n. 327, pp. 447-448). Il
dispositivo denuncia la grave crisi finanziaria che colpiva la canonica
aretina: «Cum non mea culpa res maxime et valde utiles
suprascripte canonice fere omnes pignori sint posite et quodammodo
deperdite nisi a creditoribus luerentur, cum res mobiles nulle
superessent suprascripte canonice que venundari possent». Vedi
VEDOVATO, Camaldoli cit., p. 95; DELUMEAU, Arezzo cit., pp. 738,
759-760, 1151, 1375.
[19] Luglio 1147 (Regesto di Camaldoli cit. II, n. 1034, p. 178): Guido
conte, figlio di Guido Guerra, e sua madre Imilla rinunciano ad omnes
exactiones et omnem usum iustum et iniustum su Moggiona a favore dei
Camaldolesi.
[20] 9 novembre 1163 (PASQUI cit., I, n. 567, p. 496).
[21] 22 febbraio 1165 (PASQUI cit., I, n. 373, pp. 502-503): «Pro
contumacia Camaldulensium, qui tertio a serenissimo imperatore nostro
vocati et ab eius principe Aretino episcopo sepe commoti, qui ad
iustitiam faciendam de Moiona venire contempserunt, autoritate
imperiali et nostra posuimus dilectum nostrum Aretinum prepositum in
possessionem de Moiona». Vedi DELUMEAU, Arezzo cit., pp.
1026-1027.
[22] Gennaio 1176 (PASQUI cit., I, n. 384, pp. 512-513). All’accordo si
fa riferimento nel diploma di conferma dei beni della Canonica da parte
di papa Lucio III (4 aprile 1182, ed. PASQUI cit., II, n. 395, p. 7).
[23] Ed. VEDOVATO, Camaldoli cit., pp. 191-233.
[24] Regesto di Camaldoli cit., II, n. 1247, p. 270. Lo stesso
imperatore il 5 maggio 1187 concede ai Camaldolesi di istituire
castaldiones e vicecomites nelle loro villae e castra. Vedi DELUMEAU,
Arezzo cit., pp. 1104-1105, 1227.
[25] Regesto di Camaldoli cit., II, n. 1315, p. 300.
[26] 17 giugno 1241 (Regesto di Camaldoli cit. IV, n. 2210 pp. 57-58):
Monterio di Bibbiena riceve la metà di un podere promettendo al
visconte di Camaldoli di «permanere personaliter in castro de
Mogiona et facere omnia et singula servitia priori predicto, que
fatiunt homines de Mogiona».
[27] Vedi MITTARELLI – COSTADONI, Annales Camaldulenses cit. VI, pp.
141-142, 266, 286, Appendix 489, 493; CABY, De
l’érémitisme cit., pp. 486-490; ed. G. CHERUBINI, Una
comunità rurale della montagna casentinese ed il suo Statuto:
Moggiona 1382, «Rivista di Storia dell’Agricoltura»,
XXIII.2, 1983, pp. 71-87; poi in Lo statuto del Comune di Moggiona
cit., pp. 99-112 (edizione del testo alle pp. 19-98); ora in CHERUBINI,
Fra Tevere, Arno e Appennino cit., pp. 141-153. L’originale è
conservato all’Archivio di Stato di Firenze (Statuti delle
comunità autonome e soggette, n. 442, già Corporazioni
Religiose Soppresse dal Governo Francese 39, n. 291) insieme ad una sua
copia seicentesca (Statuti delle comunità autonome e soggette,
n. 443).
[28] Giovanni II de Boccis, priore generale di Camaldoli dal 1268 al
1271. Le convenzioni con gli uomini di Moggiona sono tra i uoi primi
atti di governo.
[29] Testa e suo fratello Guido compaiono come testimoni in un atto
scritto a Moggiona il 2 ottobre 1250 (Regesto di Camaldoli cit. IV, n.
2400, p. 176). Un Testa del fu Bonaguro è ricordato nel 1243
(Regesto di Camaldoli cit. IV, n. 2268, p. 87).
[30] Pandegranus de Moiona compare in documenti del 1195 e del 1231
(Regesto di Camaldoli cit. II, nn. 1315 p. 300 e III, n. 1966 pp.
309-310), mentre nel 1234 è già morto e lascia dei figli
(Regesto di Camaldoli cit. III, n. 2038, p. 349). L’omonimo in
questione dovrebbe essere uno dei suoi figli, lo stesso attestato in un
documento del 1250 (Regesto di Camaldoli cit. IV, n. 2400, pp. 175-176).
[31] Compagno monaco di Camaldoli è documentato nel 1248
(Regesto
di Camaldoli cit. IV, nn. 2373-2374, p. 161).
[32] Il monaco Giunta è documentato con continuità a
Fontebuono (monastero di Camaldoli) dal 1227 al 1244, più volte
con cariche rappresentative: sindaco e procuratore per l’eremo nel
1229, 1240, 1243 (Regesto di Camaldoli cit. III, n. 1891 p. 263; n.
1901 p. 268; IV, n. 2201 p. 51: sindaco ed economo; n. 2284 pp.
101-102), visconte nel 1241, 1244 e 1247 (Regesto di Camaldoli cit. IV,
n. 2207 p. 56; n. 2210 p. 57; n. 2248 p. 77; n. 2308 p. 117).
[33] Segue, alla data del 2 dicembre, da Moggiona, l’atto
dell’obbedienza pronunciata dal converso Pera al priore Giovanni di
Camaldoli, presenti i testimoni Compagno, maggiore del monastero di
Fontebuono, Bruno Spilliati, Guido Testa e Giunta cellerario di
Fontebuono.
[34]
Brunus Meliorelli de Aretio
roga l’atto di sottomissione degli
uomini di Marzana al Comune di Arezzo il 10 settembre 1269 (Pasqui,
Documenti cit. II, n. 639 p. 413); potrebbe trattarsi dello stesso
Bruno notaio che roga due atti a Camaldoli nel 1235 (Regesto di
Camaldoli cit. III, nn. 2082-2083 pp. 370-371).
[35] Purtroppo non conosciamo il valore della decima pagata dalla
chiesa
dei SS. Giacomo e Cristoforo di Moggiona alla camera apostolica tra
fine XIII e inizi XIV sec. Vedi Rationes Decimarum Italiae. Tuscia, I
(1274-1280), a cura di P. Guidi, Città del Vaticano, Biblioteca
Apostolica Vaticana, 1932 (Studi e Testi, 58) e Rationes Decimarum
Italiae. Tuscia, II (1295-1304), a cura di M. Giusti – P. Guidi,
Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1942 (Studi
e Testi, 98): n. 2192.
[36]
Videlicet aggiunto in
interlinea.
[37] Nicola visconte di Camaldoli è documentato dal 1238 al 1246
(Regesto di Camaldoli cit. IV, n. 2151 pp. 21-22, n. 2155 p. 23, n.
2161 p. 26, n. 2343 pp. 140-141).
[38]
Puniantur nel ms.
[39]
Impegerint nel ms.
[40]
Irata ratione (?) di
difficile lettura nel ms.
[41]
Percusserint nel ms.
[42]
Puniantur nel ms.
[43] Da qui in poi il margine destro del ms. è tagliato.
[44]
Predicte nel ms.
[45] Per un minimo orientamento bibliografico sulla signoria rurale si
rimanda almeno agli atti di due noti convegni che possono offrire un
buon punto di partenza: Strutture e trasformazioni della signoria
rurale nei secoli X-XIII, a cura di G. Dilcher – C. Violante, Bologna,
Il Mulino, 1996; La signoria rurale nel medioevo italiano, voll. I-II,
a cura di A. Spicciani – C. Violante, Pisa, Edizioni ETS, 1997-1998.
Per la zona aretina (ma per un periodo precedente) si veda DELUMEAU,
Arezzo cit.; CH. WICKHAM, Il Casentino nel secolo XI, in ID., La
montagna e la città. L’Appennino toscano nell’alto Medioevo,
Torino, Paravia Scriptorium, 1997 (Gli Alambicchi, XIV), pp. 163-363;
per il Duecento nuovi contributi sono venuti da I conti Guidi tra
Romagna e Toscana, atti del convegno tenutosi a Modigliana – Poppi,
28-31 agosto 2003, in corso di stampa; si veda inoltre G. P. G. SCHARF,
Potere e società ad Arezzo nel XIII secolo (1230-1300), tesi di
dottorato in Storia urbana e rurale, Università di Perugia (XIII
ciclo). Sulla rilevanza economica della signoria Pour une anthropologie
du prélèvement seigneurial dans les campagnes
médiévales (XIe-XIVe siècles).
Réalités et représentations paysannes, a cura di
M. Bourin – P. Martín Sopena, Paris, Publications de la
Sorbonne, 2004.
[46] L’esenzione dalla giurisdizione ordinaria del vescovo di Arezzo,
lungamente richiesta a partire dalla metà del secolo XII, fu
raggiunta da Camaldoli solo nel 1269: vedi CABY, De
l’érémitisme rural cit., pp. 96-97.
[47] Su Camaldoli esistono due monografie di ampio sviluppo, che pur
non
essendo dedicate alla signoria trattano almeno marginalmente il
problema: VEDOVATO, Camaldoli e la sua congregazione cit. e CABY, De
l'érémitisme rural au monachisme urbain cit. Si veda
anche SCHARF, Potere e società, cit.; per il ruolo dei
funzionari imperiali nel primo Duecento vedi ID., Alla periferia
dell’impero: le strutture del Regnum nel contado aretino della prima
metà del Duecento, «Società e Storia» CIX,
2005, pp. 459-475.
[48] SCHARF, Potere e società, cit.; per il confronto fra
fiscalità urbana e signorile nell’aretino vedi ID.,
Fiscalità e finanza pubblica ad Arezzo nel periodo comunale (XII
secolo – 1321), in corso di stampa, a cui si rimanda anche per la vasta
bibliografia sull’argomento.
[49] La più recente messa a punto sugli statuti rurali è
offerta dagli atti di un convegno: Le comunità rurali e i loro
statuti (secoli XII – XV), atti dell’VIII Convegno del Comitato
Italiano per gli studi e le edizioni delle fonti normative, Viterbo 30
maggio-1 giugno 2002, in corso di stampa, a cui si rimanda anche per la
bibliografia. Gli otto statuti conservati per l’aretino sono quello
della Valdambra (Bucine e la val d'Ambra nel Dugento. Gli ordini dei
conti Guidi, a cura di M. Ascheri, Siena, Edizioni ‘Il Leccio’, 1995),
i due di Anghiari (M. MODIGLIANI, Gli statuti del comune di Anghiari
del secolo XIII, «Archivio Storico Italiano», s. IV, V,
1880, pp. 3-30), quelli di Soci (due redazioni) e Castiglion Fatalbecco
(G. P. G. SCHARF, Gli Statuti duecenteschi di Soci e Castiglion
Fatalbecco (Anghiari), «Archivio Storico Italiano», CLXII,
2004, pp. 291-311), quello di Alberoro (G. P. G. SCHARF, Gli statuti
duecenteschi di Alberoro, «Annali Aretini», XII, 2004, pp.
163-174 e il presente. Per il corpus statutario del Trivio vedi G.
CHERUBINI, Una comunità dell'appennino dal XIII al XV secolo.
Montecoronaro dalla signoria dell'abbazia del Trivio al dominio di
Firenze, Firenze, Olschki, 1972 (Biblioteca Storica Toscana), e G. P.
G. SCHARF, L'Universitas del Trivio e i suoi statuti, in corso di
stampa. Per gli statuti urbani precedenti a quello del 1327 (Statuto di
Arezzo (1327), a c. di G. Marri Camerani, Firenze, Deputazione di
Storia Patria per la Toscana, 1946) vedi SCHARF, Potere e
società, cit.; per l’università medievale di Arezzo vedi
750 anni dell’Università medievale aretina. Convegno
internazionale su origini, maestri, discipline e ruolo culturale dello
Studium di Arezzo, Arezzo 16-18 febbraio 2005, in corso di stampa.
[50] Per questo genere di considerazioni vedi SCHARF, Gli Statuti
duecenteschi di Soci, cit., e ID., Gli statuti duecenteschi di
Alberoro, cit.; la proposta di Bicchierai è stata avanzata al
convegno I conti Guidi, cit.; sulla realtà di Anghiari vedi M.
MODIGLIANI, Studi e documenti ad illustrazione degli statuti del comune
di Anghiari del secolo XIII, «Archivio Storico Italiano»,
s. IV, VI, 1880, pp. 225-261, e DELUMEAU, Arezzo, cit., pp. 1234-1240,
1245-1251, 1256-1267.
[51] MODIGLIANI, Gli statuti del comune di Anghiari, cit.; ID., Studi e
documenti, cit.; SCHARF, Gli Statuti duecenteschi di Soci, cit.; ID.,
Gli statuti duecenteschi di Alberoro, cit.; Bucine e la val d'Ambra;
simili considerazioni si trovano espresse in G. CHITTOLINI, La
validità degli statuti cittadini nel territorio (Lombardia, sec.
XIV-XV), «Archivio storico italiano», CLX, 2002, pp. 47-78,
in P. GRILLO, Costruzione e governo del territorio. Statuti cittadini e
governo del territorio nell’Italia nord-occidentale, in Le
comunità rurali e i loro statuti, cit., e in L. CHIAPPA MAURI,
Premessa a Statuti rurali lombardi del secolo XIII, a cura di L.
Chiappa Mauri, Milano, Unicopli, 2004, pp. 7-17.
[52] Per i reciproci rapporti fra statuti rurali e urbani vedi ibid.;
CHITTOLINI, La validità degli statuti, cit.; GRILLO, Costruzione
e governo del territorio, cit.; sui fueros nei regni spagnoli una buona
sintesi è offerta da M. A. LADERO QUESADA, La formaciòn
medieval de España. Territorios. Regiones.
Reinos , Madrid, Alianza, 2004.
[53] Si confrontino i “monumenti” di Soci, Castiglion Fatalbeco e
Alberoro: SCHARF, Gli Statuti duecenteschi di Soci, cit., e ID., Gli
statuti duecenteschi di Alberoro, cit.
[54] Sull’importanza della giustizia cittadina vedi A. ZORZI,
L'organizzazione del territorio in area fiorentina tra XIII e XIV
secolo, in L’organizzazione del territorio in Italia e in Germania:
secoli XIII-XIV, a c. di G. Chittolini – D. Willoweit, Bologna, Il
Mulino, 1994, pp. 279-349; per l’aretino SCHARF, Potere e
società, cit.; sulla fiscalità ID., Fiscalità e
finanza pubblica, cit.
[55] Sull’evoluzione della signoria nell’aretino, e di quella
camaldolese in particolare, vedi SCHARF, Potere e società, cit.;
per il dibattito sulla parallela evoluzione nel resto dell’Italia
comunale vedi gli studi citati supra, nota 45, e inoltre M. PELZ,
Signoria rurale – Grundherrschaft, storiografia italiana – storiografia
tedesca: una messa a confronto, «Società e Storia»
LXIX, 1995, pp. 583-590. Sul valore demografico di simili indicatori
vedi le considerazioni di R. GRECI – A. I. PINI, Una fonte per la
demografia storica medievale: le "venticinquine" bolognesi (1247-1404),
«Rassegna degli Archivi di Stato» XXXVI.2, maggio-agosto
1976, pp. 337-417.
[56] Sulle attestazioni del visconte Nicola vedi supra, nota 37.
Dinamiche simili di bipartizione del potere si riscontrano per esempio
ad Alberoro, anche se l’assenza di consoli fa pendere nettamente la
bilancia in favore del signore (SCHARF, Gli statuti duecenteschi di
Alberoro, cit.). Una maggiore autonomia delle cariche locali si
riscontra a Soci, centro molto vicino a Moggiona ma dotato di
dimensioni e vitalità incomparabilmente maggiori, e questo fa
riflettere sulla particolare posizione del nostro castello (ID.,Gli
Statuti duecenteschi di Soci, cit.
[57] Bruno paga come censo 6 denari (media del castello 10,5) ed
è allibrato per 3 (media 12), situandosi dunque nei livelli
più bassi della società castrense; Bonico, possibile
padre di Detaiuti, paga un censo di 31 denari ed è allibrato per
7, situandosi dunque a un livello medio-alto.
[58] Riportiamo le posizioni dei quattro statutari, avendo appena
riferito quelle di Bruno e di Bonico: Aiuto 12 denari di censo, 35 di
“comandisia”; Testa 16 di censo, 12 di “comandisia”; Canti 1,5 denari
di censo per il podere della moglie di Talento (che ne paga 6), 12
denari di “comandisia”; Fantone 8 denari di censo per un podere
condiviso con Talento (altro dal precedente podere), mentre, come
Talento non paga “comandisia”. Simile rarità di eccezioni alla
regola che vuole i dipendenti della signoria suoi concessionari
fondiari si ritrova per esempio a Castiglion Fatalbecco: SCHARF, Gli
Statuti duecenteschi di Soci, cit.; cfr. anche supra, note 45 e 55.
[59] Sul fodrum imperiale in generale vedi almeno C. BRÜHL,
Fodrum,
Gistum, Servitium Regis. Studien zu den wirtschaftlichen Grundlagen des
Königtums im Frankenreich und in den fränkischen
Nachfolgenstaaten Deutschland, Frankreich und Italien vom 6. bis zu
Mitte des 14. Jh., I-II, Köln-Graz, Böhlau, 1968, e P.
CAMMAROSANO, Le origini della fiscalità pubblica delle
città italiane, in La gènesis de la fiscalitat municipal,
numero monografico della «Revista d’història
medieval», VII, 1997, pp. 39-52; per la situazione dell’aretino
vedi SCHARF, Fiscalità e finanza pubblica, cit. Sulla rilevanza
economica dei prelievi signorili vedi S. COLLAVINI, Le basi economiche
della signoria guidinga, in I conti Guidi, cit., e Pour une
anthropologie, cit. I prezzi dei farsetti sul mercato di Arezzo in
questo periodo si possono rintracciare in Arichivio Capitolare di
Arezzo, FRCL, Protocollo di ser Guglielmo di ser Iacopo, passim.
[60] SCHARF, Fiscalità e finanza pubblica, cit.
[61] SCHARF, Gli Statuti duecenteschi di Soci, cit.; ID., Potere e
società, cit.
[62] Per confronti con Soci e Alberoro vedi SCHARF, Gli Statuti
duecenteschi di Soci, cit., e ID., Gli statuti duecenteschi di
Alberoro, cit.
[63] Ibid.; vedi anche MODIGLIANI, Gli statuti del comune di Anghiari,
cit.; ID., Studi e documenti, cit.
[64] SCHARF, Gli Statuti duecenteschi di Soci, cit., e ID., Gli statuti
duecenteschi di Alberoro, cit.
[65] Vedi supra, note 51-52; simili considerazioni abbiamo già
esposto in G. P. G. SCHARF, Fra signori e politica regionale: Arezzo da
Campaldino a Guido Tarlati (1289-1327), in Petrarca Politico, atti del
convegno tenutosi a Roma e Arezzo, 19-20 marzo 2004, in corso di stampa.