Il Paese

Statuto di Moggiona
e documenti annessi
(fine 1268-inizi 1269)*.
  
Pierluigi Licciardello & Gian Paolo G. Scharf

articolo apparso su Archivio Storico Italiano,
Anno CLXV (2007), N. 611 - Disp. I (gennaio-marzo)

Note

* Per quanto il lavoro sia frutto di una riflessione comune i paragrafi 1-2 e la trascrizione dei documenti si devono a Pierluigi Licciardello, mentre i paragrafi 3-5 sono opera di Gian Paolo G. Scharf.

[1] G. B. MITTARELLI – A. COSTADONI, Annales Camaldulenses Ordinis Sancti Benedicti, V, Venetiis, Monasterii Sancti Michaelis de Muriano, 1760, pp. 108-109.

[2] Vedi T. BACCI, Introduzione a Lo statuto del Comune di Moggiona: 1382-1982, Moggiona-Poppi (Stia, Cianferoni), 1983, p. 6; G. CHERUBINI, Il Casentino ai tempi della Battaglia di Campaldino, in IDEM, Fra Tevere, Arno e Appennino. Valli, comunità, signori, Firenze, Tosca, 1992, p. 33; C. CABY, De l’érémitisme rural au monachisme urbain. Les Camaldules en Italie à la fin du Moyen Age, Rome, Ecole Française de Rome, 1999 (Bibliothèque des Ecoles Françaises d’Athènes et de Rome, 350), p. 486.

[3] Vedi P. F. KEHR, Regesta Pontificum Romanorum. Italia Pontificia, III. Etruria, Berolini, Weidmann, 1908, pp. 171-175; G. PAPPAIANNI, L’ordine di Camaldoli e il suo archivio conservato nell’Archivio di Stato di Firenze, «Gli Archivi Italiani», VIII.3, 1921, pp. 3-20; Regesto di Camaldoli, a cura di L. SCHIAPARELLI – F. BALDASSERONI – E. LASINIO, IV, Roma, Istituto Storico Italiano, 1928 (Regesta Chartarum Italiae, 14), Introduzione; O. FANFANI, Le pergamene di Camaldoli, «Atti e Memorie dell’Accademia Petrarca di Lettere Arti e Scienze», n.s. XX-XXI, 1936, pp. 141-142; M. E. MAGHERI CATALUCCIO – A. U. FOSSA, Biblioteca e cultura a Camaldoli dal medioevo all’umanesimo, Roma, Editrice Anselmiana, 1979 (Studia Anselmiana, 75), passim; CABY, De l’érémitisme cit., pp. 33-36; P. LICCIARDELLO, Legislazione camaldolese medievale (XI-XV secolo). Un repertorio, di prossima pubblicazione in «Benedictina».

[4] Spoglio 52 (inv. V/119): anni 780-1199; spoglio 53 (inv. V/120): anni 1199-1300; spoglio 54 (inv. V/54): anni 1301-1680.

[5] Sul Baroncini vedi P. NICCOLAI, Vita del servo di Dio d. Odoardo Baroncini, Firenze, Moucke, 1771; Annales Camaldulenses cit., IX, 1773, pp. 145-147; MAGHERI CATALUCCIO – FOSSA, Biblioteca e cultura cit., pp. 474-6; CABY, De l’érémitisme cit., pp. 16-17.

[6] Secondo volume dei Summaria (n. 295), pp. 1157-1172.

[7] Erroneamente 1169.

[8] Misure max. cm 46 x 32, rifilato. Nei fogli in questione (185-186) il margine destro è piegato per 5 cm (per cui la larghezza originale era di almeno 37 cm).

[9] CABY, De l’érémitisme cit., p. 35; il primo registro noto alla Caby è il secondo della serie, quello degli anni 1279-1283. A parte il primo, il resto dell’intera serie è conservato all’Archivio di Stato di Firenze.

[10] Su Moggiona vedi brevemente i repertori: E. REPETTI, Dizionario geografico, fisico, storico della Toscana, III, Firenze, Presso l’autore e editore coi tipi di G. Mazzoni, 1839, pp. 242-243; C. BENI, Guida del Casentino, nuova ed. aggiornata a cura di F. Domestici, Firenze, Nardini, 1987, p. 315.

[11] Ed. U. PASQUI, Documenti per la storia della città di Arezzo nel medioevo, I, Firenze-Arezzo, Vieusseux-Bellotti, 1899, n. 30, p. 45. Vedi J.-P. DELUMEAU, Arezzo. Espace et sociétés, 715-1230. Recherches sur Arezzo et son Contado du VIIIe au début du XIIIe siècle, I-II, Rome, Ecole Française de Rome, 1996 (Collection de l’École Française de Rome, 219), p. 490.

[12] Ugo e Lotario il 17 gennaio 936 (PASQUI cit. I, n. 61, p. 85); Adalberto il 28 febbraio 961 (PASQUI cit., I, n. 69, p. 95); Ottone I il 10 maggio 963 (PASQUI cit. I, n. 71, p. 98); Ottone III il 12 luglio 996 (PASQUI cit., I, n. 82, p. 116); Arrigo II nell’ottobre (?) 1027 (PASQUI cit., I, n. 110, p. 156); Corrado il Salico il 31 marzo 1027 (PASQUI cit., I, n. 126, p. 179); Arrigo V il 19 gennaio 1111 (PASQUI cit., I, n. 301, p. 414).

[13] M. E. CORTESE, L’incastellamento nel territorio di Arezzo (secoli X-XII), in Castelli. Storia e archeologia del potere nella Toscana medievale, a cura di R. Francovich – M. Ginatempo, I-II, Firenze, All’insegna del giglio, 2000, p. 71. Il documento del 1058 è un privilegio di Goffredo marchese di Toscana indirizzato alla canonica aretina il 9 giugno (PASQUI cit., I, n. 185, p. 264).

[14] 2 giugno 1098 (PASQUI cit., I, n. 286, pp. 391-392; Regesto di Camaldoli cit. I, n. 608, p. 252): Guido conte figlio del fu Guido rinuncia ad omne malum usum et omnem malam consuetudinem nella curte et villa vel casale que vocatur Moiona. Vedi DELUMEAU, Arezzo cit., pp. 181-182, 306, 393, 414, 764.

[15] 23 maggio 1107 (PASQUI cit., I, n. 298, p. 410): il conte Guido Guerra e sua moglie Imilla restituiscono al preposto della Canonica la corte, la chiesa e il castello (castello ibi edificato vel edificando) di Moggiona, promettendo di astenersi dal compiervi scorrerie e furti.

[16] Su Camaldoli nel medioevo la bibliografia è molto ampia (vedi CABY, De l’érémitisme cit., pp. 805-846). Tra i lavori più recenti, da ricordare almeno G. VEDOVATO, Camaldoli e la sua congregazione dalle origini al 1184. Storia e documentazione, Cesena, Centro Storico Benedettino, 1994 (Italia Benedettina, 13); DELUMEAU, Arezzo cit., passim; CABY, De l’érémitisme cit.

[17] Regesto di Camaldoli cit. I, n. 384, p. 155: «De pane, vino et ortis de illa terra que modo est laboratoria ad suam manum donnicata».

[18] 24 settembre 1130 (PASQUI cit., I, n. 327, pp. 447-448). Il dispositivo denuncia la grave crisi finanziaria che colpiva la canonica aretina: «Cum non mea culpa res maxime et valde utiles suprascripte canonice fere omnes pignori sint posite et quodammodo deperdite nisi a creditoribus luerentur, cum res mobiles nulle superessent suprascripte canonice que venundari possent». Vedi VEDOVATO, Camaldoli cit., p. 95; DELUMEAU, Arezzo cit., pp. 738, 759-760, 1151, 1375.

[19] Luglio 1147 (Regesto di Camaldoli cit. II, n. 1034, p. 178): Guido conte, figlio di Guido Guerra, e sua madre Imilla rinunciano ad omnes exactiones et omnem usum iustum et iniustum su Moggiona a favore dei Camaldolesi.

[20] 9 novembre 1163 (PASQUI cit., I, n. 567, p. 496).

[21] 22 febbraio 1165 (PASQUI cit., I, n. 373, pp. 502-503): «Pro contumacia Camaldulensium, qui tertio a serenissimo imperatore nostro vocati et ab eius principe Aretino episcopo sepe commoti, qui ad iustitiam faciendam de Moiona venire contempserunt, autoritate imperiali et nostra posuimus dilectum nostrum Aretinum prepositum in possessionem de Moiona». Vedi DELUMEAU, Arezzo cit., pp. 1026-1027.

[22] Gennaio 1176 (PASQUI cit., I, n. 384, pp. 512-513). All’accordo si fa riferimento nel diploma di conferma dei beni della Canonica da parte di papa Lucio III (4 aprile 1182, ed. PASQUI cit., II, n. 395, p. 7).

[23] Ed. VEDOVATO, Camaldoli cit., pp. 191-233.

[24] Regesto di Camaldoli cit., II, n. 1247, p. 270. Lo stesso imperatore il 5 maggio 1187 concede ai Camaldolesi di istituire castaldiones e vicecomites nelle loro villae e castra. Vedi DELUMEAU, Arezzo cit., pp. 1104-1105, 1227.

[25] Regesto di Camaldoli cit., II, n. 1315, p. 300.

[26] 17 giugno 1241 (Regesto di Camaldoli cit. IV, n. 2210 pp. 57-58): Monterio di Bibbiena riceve la metà di un podere promettendo al visconte di Camaldoli di «permanere personaliter in castro de Mogiona et facere omnia et singula servitia priori predicto, que fatiunt homines de Mogiona».

[27] Vedi MITTARELLI – COSTADONI, Annales Camaldulenses cit. VI, pp. 141-142, 266, 286, Appendix 489, 493; CABY, De l’érémitisme cit., pp. 486-490; ed. G. CHERUBINI, Una comunità rurale della montagna casentinese ed il suo Statuto: Moggiona 1382, «Rivista di Storia dell’Agricoltura», XXIII.2, 1983, pp. 71-87; poi in Lo statuto del Comune di Moggiona cit., pp. 99-112 (edizione del testo alle pp. 19-98); ora in CHERUBINI, Fra Tevere, Arno e Appennino cit., pp. 141-153. L’originale è conservato all’Archivio di Stato di Firenze (Statuti delle comunità autonome e soggette, n. 442, già Corporazioni Religiose Soppresse dal Governo Francese 39, n. 291) insieme ad una sua copia seicentesca (Statuti delle comunità autonome e soggette, n. 443).

[28] Giovanni II de Boccis, priore generale di Camaldoli dal 1268 al 1271. Le convenzioni con gli uomini di Moggiona sono tra i uoi primi atti di governo.

[29] Testa e suo fratello Guido compaiono come testimoni in un atto scritto a Moggiona il 2 ottobre 1250 (Regesto di Camaldoli cit. IV, n. 2400, p. 176). Un Testa del fu Bonaguro è ricordato nel 1243 (Regesto di Camaldoli cit. IV, n. 2268, p. 87).

[30] Pandegranus de Moiona compare in documenti del 1195 e del 1231 (Regesto di Camaldoli cit. II, nn. 1315 p. 300 e III, n. 1966 pp. 309-310), mentre nel 1234 è già morto e lascia dei figli (Regesto di Camaldoli cit. III, n. 2038, p. 349). L’omonimo in questione dovrebbe essere uno dei suoi figli, lo stesso attestato in un documento del 1250 (Regesto di Camaldoli cit. IV, n. 2400, pp. 175-176).

[31] Compagno monaco di Camaldoli è documentato nel 1248 (Regesto di Camaldoli cit. IV, nn. 2373-2374, p. 161).

[32] Il monaco Giunta è documentato con continuità a Fontebuono (monastero di Camaldoli) dal 1227 al 1244, più volte con cariche rappresentative: sindaco e procuratore per l’eremo nel 1229, 1240, 1243 (Regesto di Camaldoli cit. III, n. 1891 p. 263; n. 1901 p. 268; IV, n. 2201 p. 51: sindaco ed economo; n. 2284 pp. 101-102), visconte nel 1241, 1244 e 1247 (Regesto di Camaldoli cit. IV, n. 2207 p. 56; n. 2210 p. 57; n. 2248 p. 77; n. 2308 p. 117).

[33] Segue, alla data del 2 dicembre, da Moggiona, l’atto dell’obbedienza pronunciata dal converso Pera al priore Giovanni di Camaldoli, presenti i testimoni Compagno, maggiore del monastero di Fontebuono, Bruno Spilliati, Guido Testa e Giunta cellerario di Fontebuono.

[34] Brunus Meliorelli de Aretio roga l’atto di sottomissione degli uomini di Marzana al Comune di Arezzo il 10 settembre 1269 (Pasqui, Documenti cit. II, n. 639 p. 413); potrebbe trattarsi dello stesso Bruno notaio che roga due atti a Camaldoli nel 1235 (Regesto di Camaldoli cit. III, nn. 2082-2083 pp. 370-371).

[35] Purtroppo non conosciamo il valore della decima pagata dalla chiesa dei SS. Giacomo e Cristoforo di Moggiona alla camera apostolica tra fine XIII e inizi XIV sec. Vedi Rationes Decimarum Italiae. Tuscia, I (1274-1280), a cura di P. Guidi, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1932 (Studi e Testi, 58) e Rationes Decimarum Italiae. Tuscia, II (1295-1304), a cura di M. Giusti – P. Guidi, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1942 (Studi e Testi, 98): n. 2192.

[36] Videlicet aggiunto in interlinea.

[37] Nicola visconte di Camaldoli è documentato dal 1238 al 1246 (Regesto di Camaldoli cit. IV, n. 2151 pp. 21-22, n. 2155 p. 23, n. 2161 p. 26, n. 2343 pp. 140-141).

[38] Puniantur nel ms.

[39] Impegerint nel ms.

[40] Irata ratione (?) di difficile lettura nel ms.

[41] Percusserint nel ms.

[42] Puniantur nel ms.

[43] Da qui in poi il margine destro del ms. è tagliato.

[44] Predicte nel ms.

[45] Per un minimo orientamento bibliografico sulla signoria rurale si rimanda almeno agli atti di due noti convegni che possono offrire un buon punto di partenza: Strutture e trasformazioni della signoria rurale nei secoli X-XIII, a cura di G. Dilcher – C. Violante, Bologna, Il Mulino, 1996; La signoria rurale nel medioevo italiano, voll. I-II, a cura di A. Spicciani – C. Violante, Pisa, Edizioni ETS, 1997-1998. Per la zona aretina (ma per un periodo precedente) si veda DELUMEAU, Arezzo cit.; CH. WICKHAM, Il Casentino nel secolo XI, in ID., La montagna e la città. L’Appennino toscano nell’alto Medioevo, Torino, Paravia Scriptorium, 1997 (Gli Alambicchi, XIV), pp. 163-363; per il Duecento nuovi contributi sono venuti da I conti Guidi tra Romagna e Toscana, atti del convegno tenutosi a Modigliana – Poppi, 28-31 agosto 2003, in corso di stampa; si veda inoltre G. P. G. SCHARF, Potere e società ad Arezzo nel XIII secolo (1230-1300), tesi di dottorato in Storia urbana e rurale, Università di Perugia (XIII ciclo). Sulla rilevanza economica della signoria Pour une anthropologie du prélèvement seigneurial dans les campagnes médiévales (XIe-XIVe siècles). Réalités et représentations paysannes, a cura di M. Bourin – P. Martín Sopena, Paris, Publications de la Sorbonne, 2004.

[46] L’esenzione dalla giurisdizione ordinaria del vescovo di Arezzo, lungamente richiesta a partire dalla metà del secolo XII, fu raggiunta da Camaldoli solo nel 1269: vedi CABY, De l’érémitisme rural cit., pp. 96-97.

[47] Su Camaldoli esistono due monografie di ampio sviluppo, che pur non essendo dedicate alla signoria trattano almeno marginalmente il problema: VEDOVATO, Camaldoli e la sua congregazione cit. e CABY, De l'érémitisme rural au monachisme urbain cit. Si veda anche SCHARF, Potere e società, cit.; per il ruolo dei funzionari imperiali nel primo Duecento vedi ID., Alla periferia dell’impero: le strutture del Regnum nel contado aretino della prima metà del Duecento, «Società e Storia» CIX, 2005, pp. 459-475.

[48] SCHARF, Potere e società, cit.; per il confronto fra fiscalità urbana e signorile nell’aretino vedi ID., Fiscalità e finanza pubblica ad Arezzo nel periodo comunale (XII secolo – 1321), in corso di stampa, a cui si rimanda anche per la vasta bibliografia sull’argomento.

[49] La più recente messa a punto sugli statuti rurali è offerta dagli atti di un convegno: Le comunità rurali e i loro statuti (secoli XII – XV), atti dell’VIII Convegno del Comitato Italiano per gli studi e le edizioni delle fonti normative, Viterbo 30 maggio-1 giugno 2002, in corso di stampa, a cui si rimanda anche per la bibliografia. Gli otto statuti conservati per l’aretino sono quello della Valdambra (Bucine e la val d'Ambra nel Dugento. Gli ordini dei conti Guidi, a cura di M. Ascheri, Siena, Edizioni ‘Il Leccio’, 1995), i due di Anghiari (M. MODIGLIANI, Gli statuti del comune di Anghiari del secolo XIII, «Archivio Storico Italiano», s. IV, V, 1880, pp. 3-30), quelli di Soci (due redazioni) e Castiglion Fatalbecco (G. P. G. SCHARF, Gli Statuti duecenteschi di Soci e Castiglion Fatalbecco (Anghiari), «Archivio Storico Italiano», CLXII, 2004, pp. 291-311), quello di Alberoro (G. P. G. SCHARF, Gli statuti duecenteschi di Alberoro, «Annali Aretini», XII, 2004, pp. 163-174 e il presente. Per il corpus statutario del Trivio vedi G. CHERUBINI, Una comunità dell'appennino dal XIII al XV secolo. Montecoronaro dalla signoria dell'abbazia del Trivio al dominio di Firenze, Firenze, Olschki, 1972 (Biblioteca Storica Toscana), e G. P. G. SCHARF, L'Universitas del Trivio e i suoi statuti, in corso di stampa. Per gli statuti urbani precedenti a quello del 1327 (Statuto di Arezzo (1327), a c. di G. Marri Camerani, Firenze, Deputazione di Storia Patria per la Toscana, 1946) vedi SCHARF, Potere e società, cit.; per l’università medievale di Arezzo vedi 750 anni dell’Università medievale aretina. Convegno internazionale su origini, maestri, discipline e ruolo culturale dello Studium di Arezzo, Arezzo 16-18 febbraio 2005, in corso di stampa.

[50] Per questo genere di considerazioni vedi SCHARF, Gli Statuti duecenteschi di Soci, cit., e ID., Gli statuti duecenteschi di Alberoro, cit.; la proposta di Bicchierai è stata avanzata al convegno I conti Guidi, cit.; sulla realtà di Anghiari vedi M. MODIGLIANI, Studi e documenti ad illustrazione degli statuti del comune di Anghiari del secolo XIII, «Archivio Storico Italiano», s. IV, VI, 1880, pp. 225-261, e DELUMEAU, Arezzo, cit., pp. 1234-1240, 1245-1251, 1256-1267.

[51] MODIGLIANI, Gli statuti del comune di Anghiari, cit.; ID., Studi e documenti, cit.; SCHARF, Gli Statuti duecenteschi di Soci, cit.; ID., Gli statuti duecenteschi di Alberoro, cit.; Bucine e la val d'Ambra; simili considerazioni si trovano espresse in G. CHITTOLINI, La validità degli statuti cittadini nel territorio (Lombardia, sec. XIV-XV), «Archivio storico italiano», CLX, 2002, pp. 47-78, in P. GRILLO, Costruzione e governo del territorio. Statuti cittadini e governo del territorio nell’Italia nord-occidentale, in Le comunità rurali e i loro statuti, cit., e in L. CHIAPPA MAURI, Premessa a Statuti rurali lombardi del secolo XIII, a cura di L. Chiappa Mauri, Milano, Unicopli, 2004, pp. 7-17.

[52] Per i reciproci rapporti fra statuti rurali e urbani vedi ibid.; CHITTOLINI, La validità degli statuti, cit.; GRILLO, Costruzione e governo del territorio, cit.; sui fueros nei regni spagnoli una buona sintesi è offerta da M. A. LADERO QUESADA, La formaciòn medieval de España. Territorios. Regiones. Reinos     , Madrid, Alianza, 2004.

[53] Si confrontino i “monumenti” di Soci, Castiglion Fatalbeco e Alberoro: SCHARF, Gli Statuti duecenteschi di Soci, cit., e ID., Gli statuti duecenteschi di Alberoro, cit.

[54] Sull’importanza della giustizia cittadina vedi A. ZORZI, L'organizzazione del territorio in area fiorentina tra XIII e XIV secolo, in L’organizzazione del territorio in Italia e in Germania: secoli XIII-XIV, a c. di G. Chittolini – D. Willoweit, Bologna, Il Mulino, 1994, pp. 279-349; per l’aretino SCHARF, Potere e società, cit.; sulla fiscalità ID., Fiscalità e finanza pubblica, cit.

[55] Sull’evoluzione della signoria nell’aretino, e di quella camaldolese in particolare, vedi SCHARF, Potere e società, cit.; per il dibattito sulla parallela evoluzione nel resto dell’Italia comunale vedi gli studi citati supra, nota 45, e inoltre M. PELZ, Signoria rurale – Grundherrschaft, storiografia italiana – storiografia tedesca: una messa a confronto, «Società e Storia» LXIX, 1995, pp. 583-590. Sul valore demografico di simili indicatori vedi le considerazioni di R. GRECI – A. I. PINI, Una fonte per la demografia storica medievale: le "venticinquine" bolognesi (1247-1404), «Rassegna degli Archivi di Stato» XXXVI.2, maggio-agosto 1976, pp. 337-417.

[56] Sulle attestazioni del visconte Nicola vedi supra, nota 37. Dinamiche simili di bipartizione del potere si riscontrano per esempio ad Alberoro, anche se l’assenza di consoli fa pendere nettamente la bilancia in favore del signore (SCHARF, Gli statuti duecenteschi di Alberoro, cit.). Una maggiore autonomia delle cariche locali si riscontra a Soci, centro molto vicino a Moggiona ma dotato di dimensioni e vitalità incomparabilmente maggiori, e questo fa riflettere sulla particolare posizione del nostro castello (ID.,Gli Statuti duecenteschi di Soci, cit.

[57] Bruno paga come censo 6 denari (media del castello 10,5) ed è allibrato per 3 (media 12), situandosi dunque nei livelli più bassi della società castrense; Bonico, possibile padre di Detaiuti, paga un censo di 31 denari ed è allibrato per 7, situandosi dunque a un livello medio-alto.

[58] Riportiamo le posizioni dei quattro statutari, avendo appena riferito quelle di Bruno e di Bonico: Aiuto 12 denari di censo, 35 di “comandisia”; Testa 16 di censo, 12 di “comandisia”; Canti 1,5 denari di censo per il podere della moglie di Talento (che ne paga 6), 12 denari di “comandisia”; Fantone 8 denari di censo per un podere condiviso con Talento (altro dal precedente podere), mentre, come Talento non paga “comandisia”. Simile rarità di eccezioni alla regola che vuole i dipendenti della signoria suoi concessionari fondiari si ritrova per esempio a Castiglion Fatalbecco: SCHARF, Gli Statuti duecenteschi di Soci, cit.; cfr. anche supra, note 45 e 55.

[59] Sul fodrum imperiale in generale vedi almeno C. BRÜHL, Fodrum, Gistum, Servitium Regis. Studien zu den wirtschaftlichen Grundlagen des Königtums im Frankenreich und in den fränkischen Nachfolgenstaaten Deutschland, Frankreich und Italien vom 6. bis zu Mitte des 14. Jh., I-II, Köln-Graz, Böhlau, 1968, e P. CAMMAROSANO, Le origini della fiscalità pubblica delle città italiane, in La gènesis de la fiscalitat municipal, numero monografico della «Revista d’història medieval», VII, 1997, pp. 39-52; per la situazione dell’aretino vedi SCHARF, Fiscalità e finanza pubblica, cit. Sulla rilevanza economica dei prelievi signorili vedi S. COLLAVINI, Le basi economiche della signoria guidinga, in I conti Guidi, cit., e Pour une anthropologie, cit. I prezzi dei farsetti sul mercato di Arezzo in questo periodo si possono rintracciare in Arichivio Capitolare di Arezzo, FRCL, Protocollo di ser Guglielmo di ser Iacopo, passim.

[60] SCHARF, Fiscalità e finanza pubblica, cit.

[61] SCHARF, Gli Statuti duecenteschi di Soci, cit.; ID., Potere e società, cit.

[62] Per confronti con Soci e Alberoro vedi SCHARF, Gli Statuti duecenteschi di Soci, cit., e ID., Gli statuti duecenteschi di Alberoro, cit.

[63] Ibid.; vedi anche MODIGLIANI, Gli statuti del comune di Anghiari, cit.; ID., Studi e documenti, cit.

[64] SCHARF, Gli Statuti duecenteschi di Soci, cit., e ID., Gli statuti duecenteschi di Alberoro, cit.

[65] Vedi supra, note 51-52; simili considerazioni abbiamo già esposto in G. P. G. SCHARF, Fra signori e politica regionale: Arezzo da Campaldino a Guido Tarlati (1289-1327), in Petrarca Politico, atti del convegno tenutosi a Roma e Arezzo, 19-20 marzo 2004, in corso di stampa.




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